“Per quanto trenta raggi convergano al mozzo,
é il vuoto centrale che fa muovere il carro.
L’argilla é usata per creare i vasi,
ma é dal vuoto interno che dipende il loro uso.
Non vi é stanza dove non siano aperte finestre e porte,
perché é sempre il vuoto che permette di abitarvi.
L’Essere ha qualità,
che il non-essere usa”
Lao Tzé

Fra una manualistica New Age alquanto distorta e seminari all-inclusive per apprendisti illuminati, tenuti spesso da danarosi santoni, la parola EGO e la parola IO hanno subito negli ultimi decenni un’infinità di mistificazioni e di lacerazioni; lacerazioni che, a ben guardare, andrebbero poi ad inficiare negativamente quel vero benessere “bio-psico-socio-spirituale” che molti van sempre più faticosamente cercando.

Il problema peraltro viene aggravato dal fatto che il mondo della coscienza, dell’Inconscio (personale e collettivo) o se vogliamo dell’Anima, tanto caro all’Archetipo di Nettuno, non conosce, o fa comunque fatica ad accettare termini e definizioni tagliate giù con quella scure con cui il regno del mentale, tanto caro all’Archetipo di Mercurio, ama spezzettare la cosidetta realtà.

Uno dei grandi drammi della storia della coscienza – e ad esempio dell’attigua storia delle religioni – é stato dato proprio dalla immarciscibile difficoltà che ha l’Archetipo di Mercurio quando deve comprendere l’Archetipo di Nettuno; ossia quella stessa difficoltà che ha “l’uomo esteriore”, l’uomo del mondo, di comprendere, nel profondo del suo cuore, ciò che del mondo non é. Dal Cristo al Buddha, tutti i grandi maestri hanno visto travisato – ad uso e consumo personale dei loro devoti succedutisi nei secoli –  il proprio insegnamento, vuoi attraverso una mitologia parallela banale ma più comprensibile al vulgo, vuoi attraverso forme-pensiero fin troppo articolate e sofisticate, lontane dalla sradicante semplicità del loro messaggio originario.

Per riallacciarmi al nucleo di questo scritto, un altro grande dramma é stato dato per l’appunto dalla grave confusione – per non parlare di vera e propria liquefazione – del significato di EGO e di IO.

EGO ed IO vengono spesso usati come sinonimi fungibili, entrambi maledettamente caricati dalla sciagura di non permettere al malcapitato “ricercatore spirituale” quella che, altrettanto con modalità isteriche, viene comunemente definita “Illuminazione”, e quindi l’unione con un indistinto divino, nel quale, almeno visto da fuori, per dirla con Hegel “le vacche al buio sono tutte nere”.

Ancora una volta occorre procedere per gradi e chiarire che, se dovesse anche esistere (ed esiste!) un’esperienza escatologica di “illuminazione” – peraltro incomprensibile dalla mente ordinaria tendenzialmente mercuriale – vi si giungerebbe soprattutto attraverso un lungo processo realizzativo articolato in innumerevoli tappe di “eliminazione”. Ciascuna di queste tappe corrisponderebbe a un sempre maggiore ed ulteriore “alleggerimento”, come se si fosse in presenza di un insieme di processi di “svuotamento”; uno svuotamento – Kénosys – multiplo che, come con una bambola Matrioska, lentamente conduce a uno svelamento e a un riconoscimento di sé e del Sé, e di sé nel Sé.

Nello specifico, l’idea malsana di fondo, presente in alcune pseudo-scuole di pseudo-spiritualità, é che questo non meglio definito EGO/IO (che andremo poi meglio a decifrare) dovrebbe venire trasceso per permettere poi l’esperienza dell’Illuminazione. 

Il problema, anzitutto, é che questo tipo di esperienza, se anche avesse luogo, quasi mai riesce a trovare uno spazio “adeguato e costante” nella struttura della personalità, che almeno in astrologia individuiamo nella relazione fra i pieneti personali – Sole, Luna, Mercurio, Venere, Marte – e la diade Giove/Saturno. 

Proviamo a chiarire.

Non avendo una origine, e trovandosi fuori dalle categorie umane di tempo e di spazio, la pienezza (o la vacuità) data da un ipotetico stato di illuminazione é sempre presente in ciascun essere. Ad esempio, nei bambini soprattutto in età pre-scolare, questo stato é un pò il filo conduttore della loro mente ancora pre-mentale: lo si nota quando i bambini giocano, immersi nell’attenzione pura ed impersonale delle loro piccole imprese. Il problema però é duplice. In primis, il bambino non é consapevole dello stato a-mentale in cui si trova. In secondo, attraverso l’educazione e il necessario sviluppo della personalità, la mente del bambino si fa sempre più mercuriale e quindi sempre più separante, introducendo un primoridiale principio di consapevolezza che col tempo diverrà espressione di un’attenzione selettiva fortemente logico-razionale, capace di una comprensione meno intuitiva ma altamente specializzata. 

                … “se non diventerete come bambini, non entrerete mai …”

In un certo senso é la cacciata dal paradiso e l’entrata in un primo stadio di consapevolezza.

Il mito biblico spiega questa “cacciata” in modo facilmente comprensibile, e lo si può leggere anche con gli occhi di una più moderna psico-pedagogia. Adamo ed Eva rappresentano la struttura binaria presente in ciascuno di noi. Sono entrambi nudi, ma non hanno comprensione del loro stato, tanto quanto un bambino di due anni non riesce ancora a provare vergogna per la sua nudità. Adamo ed Eva sono entrambi esseri privi di un’etica, tanto quanto un bambino di 2 anni, davanti al quale la differenza fra bene e male sguazza in una dimensione ancora acerba e dai labili confini. Il mito prosegue con il compimento del primo peccato, quello della disobbedienza, qualcosa di tipicamente infantile peraltro; e con il disagio dato dal senso di colpa per aver tradito il divieto divino/genitoriale; dal disagio ne consegue la vergogna per la propria nudità, vergogna che corrisponde a un inizio di principio di discernimento. La cacciata avviene tuttavia con la forte presunzione della reale effettiva possibilità di fare ritorno al paradiso; non a caso Dio pone due angeli a guardia dell’ingresso, che diversamente non sarebbe necessario tenere sotto controllo se non sussistesse aprioristicamente la possibilità di farvi ritorno. Da qui parte il viaggio di Adamo ed Eva verso casa, il nostro viaggio, il viaggio di ciascuno di noi. 

Adamo ed Eva costituiscono un unico primordiale archetipo, direi fortemente legato al segno dell’Ariete data l’impulsività delle loro gesta: rappresentano l’inizio goffo e maldestro tipicamente arietino del viaggio dell’Eroe, viaggio che simbolicamente si chiuderà con il segno dei Pesci, il cui glifo, non a caso, é dato da due pesci che vanno rispettivamente in direzione opposta l’uno all’altro, quasi ad emulare una stilizzazione del nostro DNA. 

È evidente immaginare tuttavia che se in un ipotetico futuro, che é anche un momento presente, Adamo ed Eva (archetipali) dovessero mai fare ritorno al “paradiso”, mai e poi mai potrebbero avervi accesso in tempi separati, e soprattutto, mai e poi mai ritornerebbero a casa con la medesima carenza di verticalità e consapevolezza che ha qualificato la loro cacciata. 

La nudità mitologica può ovviamente esprimere più significati; é fuori dai limiti di questo scritto poter assurgere alla ricchezza dei commenti talmudici alla Genesi e alla Torah in genere. Questa “nudità”, tuttavia, ci può ricordare la condizione dell’uomo allo stato di natura, inserendo la riflessione nel grande dramma umano fra Nómos e Physis, fra Natura e Cultura. Ma ci può anche ricordare, almeno alle nostre “latitudini caucasiche”, nelle varie colorazioni possibili, che la nudità o é un lusso, o é uno stato di vergogna. Per nudità quindi dovremmo più pensare a un qualcosa di puro, di semplice, di diretto, di autentico e quindi di vero, un pò come l’animo dei bambini. 

Forse il termine semplicità dà più l’idea di questa intrisa dimensione dicotomica: Lao Tzé affermava saggiamente che la cosa più difficile é proprio essere semplici. E l’idea che la nostra cultura si é fatta della “semplicità” é altrettanto binaria: semplici possono essere solo i bambini oppure i cretini e gli ignoranti; oppure chi vola molto in alto con la coscienza, chi ha capito quello che doveva capire e che é pronto per fare ritorno a casa.

Questo stato d’animo “semplice” potrebbe genericamente rientrare nell’alveo della definzione di “illuminazione”, anche se, é bene ricordarlo, si tratta pur sempre di parole che mai potranno descrivere quella reale condizione intimamente vissuta da ciascuno: i santi sono molto più numerosi di quelli del calendario …

Ma come si può giungere a questo stato di ascolto, di apertura e di autentica “dotta semplicità” che collima con una sorta di “santa indifferenza” verso le cose del mondo?

Come può l’IO annichilire così tanto se stesso, senza compromettere, da un lato il suo stesso spirito di sopravvivenza, e dall’altro il suo stesso buon senso e quella sua innata, ancorché spesso confusa, voglia di vivere?

Chi e che cosa dovrebbe venire trasceso pur di accedere a questo stato “paradisiaco”?

Veniamo dunque alla questione posta in capo alla nostra riflessione: ossia, entro che limiti il sé (con la “s” minuscola) può compenetrare il Sé (con la “S” maiuscola); o più banalmente, fino a dove il senso dell’IO può collimare con il non-senso di DIO? E per dirla in termini astrologici, dato Nettuno e il mondo dei Pesci, “cui prodest et cui bono” Mercurio e il mondo dei pianeti personali?

Per arrivare a tentare di comprendere se l’IO possa essere funzionale o meno al lento processo di illuminazione, ci serve meglio comprenderne la differenza con l’EGO.

Un confine netto é sostanzialmente impossibile da delineare. Ma soprattutto ci deve essere chiara una cosa, ossia che nessun processo di risveglio della coscienza e di realizzazione spirituale può avvenire se non a lunghe e lente tappe di rettificazione e di eliminazione. 

L’IO stesso é un concetto in divenire, che come un poligono inserito in un cerchio può arrivare a lambire molti punti del cerchio, senza tuttavia mai eguagliarlo totalmente. 

Paradossalmente nel bambino pre-mentale convivono questi due mondi: le porte del paradiso sembrano ancora aperte, ma il prototipo del suo IO é decisamente ancora grezzo. Fatto soprattutto di egopatia autoreferenziale e non ancora rettificata – caratterizzato da una naturale insicurezza di fondo prodromica a un potenziale stato di paura – l’IO del bambino é il principio ispiratore di quello che potrebbe poi purtroppo diventare l’EGO adulto. Da qui comprendiamo quanto una buona pedagogia sia sostanzialmente funzionale al “cammino di sanità e di santità”.

Rammentiamolo una volta per tutte, l’EGO é anzitutto contrazione, é paura, é divisione, é menzogna, é il serpente tentatore, é “occhio per occhio”, é un fiume in piena che ha rotto gli argini, é l’apoteosi di sé per sé.

Il viaggio verso casa deve anzitutto passare per il viaggio dall’EGO all’IO; un viaggio fatto di un costante “solve et coagula”, in cui la strada maestra é data soprattutto dall’integrazione, e non dalla negazione.

Il viaggio dall’EGO all’IO é un viaggio dalla nostra naturale originaria psicosi a una sorta di principio non meglio definibile di “sanità”, passando ovviamente per diverse nevrosi che presumibilmente ci accompagneranno per buona parte della vita. L’EGO ha fondamentalmente una struttura psicotica, l’IO può viceversa oscillare da alcuni tratti psicotici, a una struttura nevrotica della personalità, per poi giungere – se ne é capace e se ne ha la volontà – a lambire i confini di una vita sana e felice, liberandosi dai gravami delle varie nevrosi che lo hanno precedentemente qualificato: ovviamente non esiste una ricetta valida per tutti, anche perché ciascuna anima é portarice di una propria intimissima storia karmica.

In via di mera esemplificazione …

L’IO ama il prossimo, ma anche se stesso. L’EGO ama anzitutto se stesso, ma si ama malamente, e solo se gli conviene ama anche il prossimo, ma il suo é un affetto spesso sincopato, a corrente alternata in funzione del proprio capriccio.

L’IO cerca la giustizia. L’EGO cerca la vendetta, tanto quanto parimenti subisce l’ingiustizia.

L’IO ascolta e si ascolta. L’EGO parla e non si parla.

L’IO cerca di comprendere le proprie dinamiche e le proprie disarmonie. L’EGO ci ricama delle proiezioni sul prossimo.
L’IO ha un volto. L’EGO ha una faccia.

L’IO corregge l’eventale errore del prossimo. L’EGO vi ci spettegola sopra.

L’IO consiglia e propone. L’EGO manipola e impone.

L’IO costruisce ponti dentro e fuori di sé. L’EGO crea dogane ed inutili barriere.

L’IO non costruisce né muri, né si fa fautore di una apertura cosmopolitica senza criterio; semmai cerca di apporre i giusti termini e i giusti confini, interni ed esterni. L’EGO, viceversa, o costruisce muri, che chiudono senza alcuna possibilitá di mediazione, oppure propugna un’apertura scriteriata che produce confusione, senza comprendere che i giusti confini, interni ed esterni, sono la base della relazione fra le varie parti in gioco, della psiche come della società umana. I confini, afferma un IO sano, creano le basi per le relazioni fra le differenze, senza annientarle.

L’IO ha una visione estetica della vita e propugna l’armonia fra le cose. L’EGO ama apparire ed é ossessionato dalla bellezza, propria o altrui, e la sua dimensione estetica lambisce i confini dell’ostentazione personale.

L’IO difende se stesso. L’EGO semmai tracima sul prossimo.

L’IO può essere un ottimo leader. L’EGO é spesso o un subalterno, oppure un boss.

L’IO cercherà sempre una relazione sana con l’ALTRO. L’EGO schiaccerà l’ALTRO, oppure si farà schiacciare.

L’IO si confronta con il prossimo. L’EGO non ne sente il bisogno.

L’IO vuole imparare. L’EGO vuole imperare.

L’IO ama e difende la sua cultura. L’EGO la rinnega oppure la esalta.

L’IO ama il suo Paese. L’EGO é nazionalista.

L’IO persevera nel suo credo e nelle sue convizioni. L’EGO é un fondamentalista ed un integralista.

Per l’IO la mitezza é un dono. Per l’EGO la mitezza é una fragilità.

Per l’IO, il primo deve servire l’ultimo. Per l’EGO, é l’ultimo che deve servire il primo.

Per l’IO le virtù umane sono una mèta in sé e per sé. Per l’EGO le virtù devono essere esclusivamente funzionali ai suoi personalissimi scopi.

E così via, all’infinito. Ben sapendo che l’EGO, per sua natura vivrà sempre in una dimensione di disequilibrio, per cui, o sarà carnefice, o sarà vittima, o sarà entrambi, ma – anche a seconda della gravità – avrà spesso difficoltà a viversi una situazione di armonia e di equilibrio, che viceversa rappresenta lo stato dinamico più tipico dell’IO. 

Anche a livello dei Chakra, l’IO tende all’armonizzazione, per cui un IO “sano” difficilmente vivrà un eccesso oppure una carenza troppo pesanti a livello di uno o più Chakra, e si impegnerà verso una migliore reciproca interdipendenza e correlazione. Nel caso invece di una struttura fortemente egoica, saremo in presenza di alcuni Chakra molto deboli e altri molto sviluppati: la personalità EGO, di suo, non predilige necessariamente alcuni Chakra, non a caso potremmo facilmente incontrare personalità “spiritualmente alte” (vedi V, VI e VII Chakra) ma al contempo fortemente egoiche, per cui saremmo in presenza di una spiritualità esclusivamente di facciata, spesso umanamente fredda oppure molto giudicante.

La vita ci pone quotidianamente davanti alle nostre ed altrui dinamiche egoiche; sarebbe già buona cosa individuare il tiranno (o più tecnicamente, lo psicopatico) che a tratti vive in ciascuno di noi, dandogli sempre meno spazio e meno attenzioni: quello spazio e quelle attenzioni che probabilmente non ha ricevuto quando era viceversa tempo di riceverle. Ogni nostra patologia é una nostra maestra ed é al contempo la nostra principale guaritrice.

Come nella migliore tradizione freudiana, l’IO dunque si deve porre sistematicamente al bivio fra le forze propulsive dell’ES, di cui Nettuno é sicuramente parte, e la componente super-egoica saturnina data dal Super-io, fatto di norme sociali, familiari e personali, che tuttavia prestano facilmente il fianco a quel mondo di paure, di disequilibri e di contrazioni che qualificano anzitutto la natura dell’EGO. In una personalità forte e sana, ES e Super-io dovrebbero essere intergrati il più possibile all’interno dell’IO, come una forbice che tende lentamente a chiudere le sue due lame.

L’EGO é dunque anzitutto paura. E, rammentiamolo, non l’odio, ma soprattutto la paura é il grande nemico della vita intesa a tutto tondo. Ci si deve riferire qui tuttavia a un tipo di paura dai tratti smodati, ingiustificata, esagerata, irrazionale, da cui poi dipartono le varie forme di malessere che vanno dal comune stato di ansia – peraltro di questi ultimi tempi fortemente foraggiato dal sistema socio-economico in cui siamo inseriti – all’odio per la vita e per il prossimo, reificando il modello “prettamente proiettivo” su cui é basato il nostro vivere. Tutti i grandi sistemi di manipolazione hanno sempre fatto perno sulla “paura”; così altrettanto una pessima pedagogia genitoriale o scolastica si baserà frequentemente su dinamiche di paura, che perpetreranno un sistema patologico fondato su “errore/punizione/umiliazione”.

L’IO costituirebbe pertanto la versione debitamente rettificata ed armonizzata dell’EGO. Quindi, non un fantomatico personaggio da fumetti, un soggetto perfetto ed irreale, privo di paure o di contraddizioni, privo di desideri ed esclusivamente dedito alla contemplazione mistica, ma semmai un’entità personale predisposta alla vita, aperta al prossimo, proiettata verso una costante dinamica di crescita, di comprensione e di evoluzione bio-psico-socio-spirituale, per dirla con termini semplici. Ma soprattutto una persona dotata di umanità, con tutti i legittimi difetti e limiti che questa condizione può comportare: é della nostra umanità che il Cielo si commuove, é la nostra fallace umanità che ha fatto innamorare Dio dell’uomo.

Orbene, giunti a una vaga ipotesi di definizione di IO ed EGO – ben comprendendo che questi due tronconi convivono in ciascuno di noi in modo alquanto fluido – possiamo giungere a una più fresca definizione di “peccato”, da cui poi culturalmente si é scivolati su un’altra grande trappola che ha costituito la perenne commistione fra “colpa” e “responsabilità”: abbiamo infatti tutti la “responsabilità” di agire come meglio crediamo e possibilmente in modo retto, ma dobbiamo sentirci in “colpa” solo se riteniamo di non aver agito così.

Il concetto di “peccato” é anch’esso alquanto mobile, sinuoso e soggetto agli agenti atmosferici della storia della coscienza. Volendo tuttavia provare a dare una definizione, ancorché labile, che possa stagliarsi in un orizzonte di medio-lungo raggio, potremmo definire “peccato” qualsiasi nostra azione, pensiero o parola che non serbi sufficientemente in sé la “funzione sentimento”, ossia un principio di cuore e di amore. In pratica, qualsiasi cosa fatta o pensata senza amore é peccato. E siccome abbiamo ormai inteso che l’antitesi dell’amore non é l’odio, bensì la paura, comprendiamo facilmente che l’EGO é il fondamento del “peccato”, e che di conseguenza un IO sano e ben strutturato costituisce l’unica via verso la “salvezza”.

Ma ancora una volta dobbiamo rispolverare un vecchio concetto ormai desueto, che é per l’appunto quello di “salvezza”. La salvezza non ha molto a che fare con visioni angeliche o con stati di samadhi, accessibili a ben pochi eletti, o con uno stato costante di illuminazione, anch’esso di raro ottenimento. La salvezza riguarda sicuramente anche questi aspetti, e, non da ultimo, chi realizza in modo permanente quell’inimmaginabile stato di grazia, é per definizione il più salvo dei salvi, perché ha compiuto il suo ritorno a casa, é rientrato nel regno, un regno a noi ancora sconosciuto, ha integrato in sé l’Adamo e la Eva primordiali. Ma possiamo definire “salvo” anche colui e tutti coloro che si sforzano, con sottile successo e lenti risultati, di uscire quotidianamente dalle dinamiche egoiche infantili, fatte di pretese autoreferenziali, capaci di andare senza paura incontro alla vita, capaci di smussare e levigare la loro pietra grezza – EGO – trasformandola nella loro “pietra angolare”, caratterizzata dai colori e dalle venature che intimamente qualificano ciascuna pietra, rendendola unica e differenziandola da tutte le altre.

Come abbiamo già ricordato, il cammino verso un’ipotetica illuminazione é dunque fatto da un’infinità di gradini: ciò che conta non é essere arrivato all’ultimo gradino, ma di avere avuto il coraggio di intraprendere il primo passo, di iniziare il primo gradino, e poi il secondo, e di perseverare sulla scala, ancorché fermandosi di tanto in tanto, di esistenza in esistenza, a riposarsi quando la salita si fa troppo ripida. La via alla “santità” passa soprattutto attraverso la via della “sanità”: l’IO é la zattera su cui l’Anima percorre il suo viaggio, ma col tempo questo IO/sé potrà divenire il contenitore del Sé supremo, il tempio, il luogo della nostra corporeità come spazio sacro che accoglie il Sé divino, e che gli permette di condurre una vita altrettanto divina fatta di carne, di ossa e di sangue.

Questo forse spiega tutto questo perenne andirivieni del divino nel quotidiano turbinio di miliardi di incarnazioni, di morti e di rinascite. 

Non é forse un caso che in Astrologia l’archetipo di Venere – cosignificante dei taurini valori corporei e della II Casa astrologica – sia, giustamente, esaltato nel segno dei Pesci.

Il divino sta disperatamente cercando una casa qui sulla terra; cerca una casa anzitutto nel nostro corpo, da cui ovviamente il senso dell’IO ha origine: senza l’IO quest’opera diviene sostanzialmente impossibile. L’IO diviene dunque il grembo in cui accogliere la vita divina in noi: sta lentamente venendo meno l’era in cui “incarnazione faceva rima con dannazione”. D’ora in poi, e sempre più, l’incarnazione costituirà la grande occasione data all’Anima di portare Dio nel proprio ventre … un Dio che cessa di essere “Padre”, ma che paradossalmente diviene “Figlio”, mio Figlio, tuo Figlio, nostro Figlio …

Forse un giorno questo IO tornerà ad essere semplice come un bambino, si troverà davanti ad uno specchio e si riconoscerà nel volto dell’ALTRO …

Per concludere, ricordiamo ancora una volta le insondabili parole del maestro Lao-Tzé …

“Chi conosce il suo lato maschile, ma conserva il suo lato femminile, diventa allora l’impluvio del mondo. Ed essendo l’impluvio del mondo, la virtù non lo abbandona mai, e ritorna allo stato di bambino …”

Dr. Corrado Aguggini
Consulente Trainer a indirizzo astrologico
corradogucci.it